martedì 23 dicembre 2008

bònnatale

Bònnatale a me. Alla mia famiglia e ad altre alcune persone che dico io.
Allàrtri un po' di pace e serenità d'animo.
Adàrtri ancora nun j'auguro gniente, tanto (secondo loro) cianno già tutto.

[Epolis - 23.12.2008 - Lettere dei lettori]
Udite udite: volevo farmi qualche giorno di vacanza insieme con la mia famiglia in qualsiasi centro montano, ma purtroppo non sono riuscito a trovare una camera per 3 persone e allora mi dico: proviamo con una piccola crocerina più o meno abbordabile, ma anche lì tutto esaurito. Ma mi chiedo: non siamo in crisi? Non siamo in recessione? O no...




Ar cane dei miei vicini j'auguro che un fischiabbotto a capodanno je se pianti su per il culo.

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domenica 21 dicembre 2008

N.C.I.S. ::: chiusura quinta stagione

Un finale molto severo.
Molto reale.
Mai affezionarsi agli eroi. Anche in tv, dove la vita reale non arriva, adesso gli sceneggiatori raccontano al pubblico che non si può essere essere sicuri neanche nei propri sogni.

Nenache se prendiamo la pillola blu. O rossa.
Ormai la realtà è dappertutto, ma non la nostra: la loro!

NCIS: Non Ci Inventiamo Scuse

giovedì 18 dicembre 2008

RINGRAZIAMENTI

Lavoro in casa, ma non faccio la battona.
Faccio tutt’altro, nel più assoluto silenzio (quando ci riesco) oppure con la musica a palla (forzatamente) quando non posso farne a meno.
Ma le mie preferenze volumetriche non sono dettate dalle mode, dagli istinti o le lamentele dei vicini. Hanno un criterio più sofisticato. Ora, per esempio, mentre scrivo, godo con un bellissimo pezzo rock nelle orecchie mentre fuori fa freddo. E' un paio di settimane che è tornato il freddo, la pioggia, i lampi e il cane dei miei vicini di palazzo ha ricominciato ad abbaiare.
Non lo fa sempre. Lo fa solo quando fa freddo, quando piove, quando fa caldo, quando tira vento, quando i passeri cinguettano, quando una moka fa il rumore del caffè che esce, quando qualcuno passa sotto il suo balcone, quando una finestra si apre, quando un gatto miagola, quando una nuvola fa ombra, quando il mondo gira oppure quando. Ogni quando è un buon motivo per abbaiare. Con rabbia. Con insistenza. Con forza.
Per questo motivo sono costretto a tenere la radio accesa quasi tutto il giorno.

Il motivo per cui sono qui a scrivere queste righe, fondamentalmente, sta nella riscoperta. Era da settembre che questo maledetto quadrupede nero isterico si era zittito. Dopo tre anni!
Il motivo di tanto silenzio non lo conosco, ma ora che è tornato dal suo viaggio all'inferno, io sto riscoprendo la musica.
La stazione che mi tiene compagnia è VirginRadio.

Mi sgorga spontaneo dal profondo del cuore un ringraziamento sentito.

Ringrazio i miei vicini di palazzo che tengono il loro cane sul balcone da cinque anni.
Era il dicembre del 2002 quando presi possesso di questa casa. Da allora è stato un crescendo. Da pochi guaiti sparsi nella giornata ad un insistente abbaiare quotidiano. Da allora ho cambiato lavoro due volte. Io mi sono un po' immalinconito, il cane invece credo sia impazzito.
Ormai abbaia dalle 9 del mattino alle 6 del pomeriggio.

Evidentemente in una vita precedente era un impiegato statale.

Ringrazio il corpo dei vigili urbani di Roma, perché non hanno tempo per queste cose.
Ho provato due volte in questi anni a chiamarli. Ma non credo che abbiamo neanche aperto la pratica. Del resto, in una città come questa, la capitale d’Italia, la capitale dei fori, da quelli antichi a quelli della metropolitana, come fare a non capire che ci sono altre priorità?

Una su tutte?
Avete presente il traffico di Roma? Caotico e disordinato? In realtà è un allegro e festoso esodo di massa da qualunque luogo verso qualunque altro luogo ad ogni ora del giorno. Poi arrivano loro, i pizzardoni, con il loro carico di preoccupazioni e messaggini a cui rispondere e la città si paralizza.
Ma quelli che restano alla centrale a rispondere alle chiamate, sanno il fatto loro e smistano le priorità.

Ringrazio quindi tutta la città di Roma che crea quotidianamente priorità.
Non c’è tempo per me e per quel cazzone di cane rinchiuso in balcone.
Non c’è tempo per capire chi siano i proprietari del suddetto animale e prendere i provvedimenti del caso.

Ringrazio le leggi e gli usi comunitari nei confronti della cosiddetta privacy (riservatezza, in italiano) che mi impediscono di andare a leggere il nome sul citofono per sputtanarli pubblicamente. Alla fine dalla parte del torto ci passerei io, ironia della sorte!
L’unica cosa che posso fare è leggere il cognome sul citofono e sporgere regolare denuncia.
Ma si può denunciare un cane?

Se io mi mettessi sul balcone a strillare a tutta la gente che passa “Ehi tu, cosa fai?” e magari continuare a farlo anche dopo che la gente è passata oltre, sparita all’orizzonte, svanita dietro l’angolo, dite che qualcuno dei miei vicini verrebbe a dirmi qualcosa?
O sporgerebbero regolare denuncia a mia madre, per incuria e maltrattamenti?

Probabilmente si, perché mia madre no ha la faccia come quella dei miei vicini di palazzo.
Toh, che buffo: palazzo fa rima con teste di cazzo!

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Pochi minuti di delizia canina a vostra disposizione.
Se riuscite a guardare tutto il filmato (appena 4 minuti)
dovreste riguardarlo 60 volte consecutive per entrare
nella mia media quotidiana...

giovedì 4 dicembre 2008

La colpa è mia

L'allarme
Il ministro dell'Economia avverte:
«Attenzione a non aumentare il debito. E' il terzo al mondo»
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L'Italia ridotta sul lastrico.
Con il rischio che i titoli di Stato si trasformino in carta straccia.
Per ora sono solo timori, prontamente smentiti dal governo.
Ma l'allarme sul deficit record in dote al nostro Paese è una preoccupazione non di poco conto.
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L'allarme bancarotta dello Stato può avere pesanti ripercussioni sulla fiducia che invece il governo dovrebbe trasmettere al paese e ai mercati internazionali».

Non si preoccupino, lor signori, la sfiducia se la sono guadagnata già da tempo.
Ma la maturazione di questa grave situazione che si sta perpretando da diverso tempo, è solo colpa mia. Cosa ho fatto io per fermare tutto questo?
Ho forse impiegato ogni minuto del mio tempo libero per andare a chiedere rendiconto a qualcuno? Mi sono forse imposto quando la mia banca si è dimostra differente?

La colpa è solo mia. E di tutti quelli come me, mortacci nostra!

Quando il Natale arriva...

Il Papa: aiutate i deboli. «Uno degli obiettivi primari degli istituti bancari e di credito» deve essere «la solidarietà nei confronti delle fasce più deboli».
[EPOLIS ROma - 4 dic 2008]

La cosa mi sembra interessante.
Sposterò il mio mutuo in un istituto del Vaticano.

domenica 23 novembre 2008

le verità dell'ovvio [P2P]

Parcheggi abusivi, applausi abusivi, villette abusive, abusi sessuali abusivi;
tanta voglia di ricominciare abusiva.
Appalti truccati, trapianti truccati, motorini truccati che scippano donne truccate. E il visagista delle dive e' truccatissimo.

Chi di voi ha mai attraversato la città con un videoregistratore dentro lo zaino, per andare a casa dell'amico che aveva l'altro videoregistratore?
L'illegalità e il danno che ne deriva alle industrie ha molte facce. Si parla tanto del PeerToPeer e si punta il dito contro quelli che hanno l'hard disk pieno di materiale digitale preso in prestito dalla rete. Ma poi le nostre strade sono piene di venditori abusivi di materiale abusivo.
E il visagista delle dive è truccatissimo...
Vabbè.
Non sono mai riuscito bene ad esprimere il mio sentimento nei confronti del P2P, ma per quanto credo giusto redarguire chi ne abusa o ne fa spudorato commercio, la ragione del popolo si trova dall'altra parte. Non nell'illegalità, ma nella semplice continuazione di una sana necessità di esprimere amore anche attraverso l'uso della tecnologia. Che cambierà nel tempo, ancora e ancora e ancora. Restando però immutato il nostro sentimento.
Non c'è disonestà nel nostro agire. C'è solo l'opportunità che viene data, quotidianamente, a tutti.
Io stesso in qualche modo mi sono ingarbugliato la mente ed i pensieri in merito a quest'argomento. Ma alla fine la serenità l'ho ritrovata tra le parole di questa confessione online.
"Scarico, da sempre, sempre. Dagli anni 70, quando scaricavo ore di musica dalla radio su tantissime cassette numerate e ben catalogate. Ho scaricato intere discografie al Liceo, da compagni di scuola che mettevano a disposizione chi Branduardi, chi De Andrè. Tutto finiva su cassetta, ma le cose importanti anche su bobine di un mitico Revox. Migliore qualità, se possibile, anche allora.Ho scaricato centinaia di film dalla Televisione, soprattutto quando le cose migliori le trasmettono ad ore impossibili ed il videoregistratore diventò per chi ama il cinema uno strumento indispensabile per crearsi un piccolo archivio di chicche da rivedere con gli amici o in solitaria passione notturna.
Poi le tecnologie sono cambiate, e la radio ho cominciato a scaricarla nel computer, su file da masterizzare e conservare. Anche i vecchi vinili sono finiti riscaricati su CD, per far spazio e per garantirne un ascolto anche quando i giradischi non si troveranno più.
Scarico, e scaricherò, ed ho sempre continuato a comprare dischi, cd, film e ad andare al cinema e a concerti, perché mai dovrei sostituire un piacere con un altro se posso averli entrambi? Non mi sono mai sentito un ladro, ho letto tanti interventi su questo ed altri siti, ho visto centinaia di spot come tutti, anche se trovo demenziale il fatto che gli avvisi anti-pirateria li facciano al cinema e sui dvd originali, e li vedo quindi soltanto quando compro e pago, ma non ci sono mica sulle versioni piratate dei film. Ovviamente.
Le tecnologie son cambiate di nuovo, e oggi basta entrare in un grande centro commerciale per capire che c'è banda per tutti (o quasi), hard disk multimediali da collegare alla TV, e infiniti supporti mobili e non per gestire musica, e film. MP3 non è certo sinonimo di pirateria, ma se le statistiche parlano chiaro sui milioni di iPod e simili nelle tasche di milioni di appassionati non ci sono certo soltanto i brani acquistati on line.
Ora, come allora, scarico per me solo, senza guadagnare nulla e senza per questo modificare il solito, piccolo budget nella mia spesa mensile dedicata al divertimento e agli hobby. Una piccola parte di un modesto stipendio da operaio imbollinato a mille euro al mese.

Non sono un economista, ma cerco di spiegarmi: ho sempre speso il 10 per cento del mio stipendio per cinema, dischi, e svago in generale. Sia quando guadagnavo un milione al mese, che quando ne guadagnavo di più. Da minorenne non era proprio un decimo della paghetta ad essere sacrificato ma molto di più, ma si sa da giovani si fa qualche eccezione. In ogni caso la spesa era quella, prefissata, con un limite.
In casa, nel frattempo, scaricavo dal 1975 in poi, nei modi appena descritti. Oggi ho la parete dei VHS, quella dei CD, un po di vinili non ancora riversati, e tanti hard disk con musica e film collegati allo stereo e al televisore. Per me solo, privato piacere.
In che modo avrei danneggiato l'industria del disco, e del cinema, se comunque più di quel 10% non ho mai voluto e potuto spendere? Come si fa a calcolare un mancato guadagno? Se dovessi pagare tutti i film che vedo (o che registro, o che scarico da chi li registra, che differenza fa?) avrei bisogno di ben altri stipendi, ma il mio lo faccio pagando già equo compenso sui supporti, canone televisivo, maggiorazioni su tutti gli strumenti di masterizzazione e registrazione.

A volte penso all'Industria e so che l'Amo, perchè sforna capolavori e anche altre cose meno gustose ma sempre godibili. L'amo perchè la sostengo in tanti modi, l'amo perchè catalogo e curo i suoi prodotti e me lo godo, e li compro quando meritano.
Ma se io l'amo tanto, perchè l'Industria è sempre così arrabbiata con me?
Più di tanto non posso dargli, ma il mio amore è sincero.
Facciamo pace, perchè al mio archivio non voglio rinunciare e siamo troppo adulti entrambi per scene pietose come la restituzione dei regali dopo una litigata.
Ricominciamo il rapporto in un modo nuovo se vuoi, ma nel frattempo non trattarmi come un malandrino: esisti anche grazie a me, e se io sparisco tu sparisci.
E questo non è bello per nessuno dei due, tesoro.

Anonimo scaricatore"
Trovo che ci sia della poesia in tutto questo.
In particolare per tuti quelli che sanno cosa voglia dire Nastro Chrome o VHS.
E dell'immensa verità!
Così ovvia che quasi quasi mi sfuggiva.

martedì 18 novembre 2008

chiuso alle chiusure!

Si dice in giro che il governo, non Berlusconi, voglia far passare una legge per chiudere i blog.
Io non ci sento, da quel lato.
Sono chiuso alle chiusure!
Ci sarebbe da approfondire la questione, e lo si può fare, ma non qui e non ora.
Tanto le cose come stanno lo sappiamo tutti.
Forse non tutti sanno come potrebbe essere e quelli sicuramente saranno gli ultimi ad accorgersene. Per noi che preventivamente stiamo cercando di fare qualcosa, magari anche solo attirando l'attenzione, la speranza è l'ultima a morire e la prima a ritrovarsi nell'altro mondo.
Cioè, una volta passata la bufera cosa resterà?
La speranza, appunto.
Quand'ero piccolo mi chiedevo sempre cosa significasse essere Rumeno e vivere sotto dittatura. Quando sono diventato grande mi sono cominciato a chiedere perchè una volta finita la dittatura le cose non sembrassero diverse, dal momento che continuavano a scappare tutti. Ora che sono oggi, mi rispondo domandomi se non è il caso di approfittare della massiccia presenza di esponenti di quel popolo per prendere lezioni di sopravvivenza.

E io che da piccolo volevo fare lo scrittore!
Se mi chiudete il Blog cosa farò da grande?
Il bamboccione?
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Governo mio, governo nostro
ti guardo in faccia mentre mi gridi
che con le mie parole per te sono un mostro
mentre con le tue, tu, mi uccidi.

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come diceva Elio "Free Nelson Mandela, Free Blogger, ma sopratutto Free a mio Cuggino!"

Nel caso, se si dovesse davvero chiudere, non cederò il mio posto ad un bingo!
Piuttosto ci metto una rosticceria araba.

sabato 8 novembre 2008

problemi di comunicazione

Nessuno, che lavori nel settore della comunicazione, sa con esattezza cosa possa accadere in un determinato giorno dell'anno, avendo preparato per un'azienda un comunicato e affittato per la stessa uno spazio dove esporre quel concetto.
Nessuno.

Così oggi è nata questa bellissima sovrapposizione di comunicazioni a proposito di comunicazione. E l'oggetto di entrambi i comunicati era un oggetto per comunicare.
Bellissimo!!

Va premesso che ero sull'autobus e quindi tenevo il giornale piegato a metà.
A pag 166 mi cade l'occhio sull'articolo in alto della pagina sinistra: LO ZUCCHERO E LA MUCCA PAZZA. Così mi soffermo su questa pagina.
E arrivo a leggere l'articolo sui cellulari CELLULARE A TEMPO DETERMINATO che comincia così: "L'uso del cellulare è legato all'insorgenza di tumori al cervello. Lo hanno ricordato in un'audizione al congresso USA alcuni ricercatori statunitensi, sottolinenado la necessità di adottare standard più rigorosi sull'emissione di onde elettromagnetiche da parte dei telefoni."
Proprio accanto a queste parole, a destra, la pagina è dedicata alla SAMSUNG e a TIM
che insieme sostengono la ricerca contro i tumori al seno.

Un po' come farsi dare un calcio agli stinchi per non sentire dolore da altre parti.

le verità dell'ovvio [la diversità]

L'illusione dell'anarchico

"VOI
siete gocce nel mare. Siamo cresciuti con dei concetti imposti dagli altri. Ci hanno messo in testa queste parole per indicarci, tra un'esperienza e l'altra, che le nostre azioni non sono così conclusive. E poi, in un modo o nell'altro, hanno tentato di confonderci. Siamo cresciuti consapevoli che dovevamo scegliere da che parte stare. Vuoi più bene a mamma o a papà? Sei della Roma o della Lazio? Sei ricco o sei povero? Sei buono o sei cattivo? Sei bianco o sei abbronzato? Le sfumature di grigio non erano contemplate. I grigi erano quelli "strani".
E allora ecco la mia scelta: sono una goccia nel lago."

Che bello che è in quel momento il giovane anarchico.
Goccia di lago così semplice, giustamente pesante, ma pura nella sua incontaminata essenza.
Poi l'acqua del lago si riversa in un fiume che finisce in mare.

giovedì 6 novembre 2008

le verità dell'ovvio [povertà]

Quanta verità scorre nel sottobosco delle ovvietà.

le verità dell'ovvio [pane e denti]

La verità è l'ovvio dei popoli.
Per questo che restiamo stupefatti quando ne respiriamo un po'.
Per questo viene combattuta da secoli. A volte riuscendo a nasconderla.
Ma come tutte le cose che alterano la percezione dei sensi, abusarne comporta una sorte di overdose. Un rifiuto organico del nostro corpo a doverne assumere ancora.
Per questo che quando c'è troppa verità in giro, io chiudo le orecchie e il naso e per un po' faccio finta di pensare ad altro.



EVVIVA! L'America ha il suo nuovo presidente!
Il mondo è davvero un posto migliore ora che un piccolo uomo ha la possibilità di dimostrare che il differente può fare la differenza.
Tutti strillano che il neo-presidente è nero. Mi dicono anche che sia una brava persona. Però fondamentalmente è nero. E questo fa la differenza, perchè il ne(g)ro ha il ritmo nel sangue e sopratutto ce l'ha grosso.
Così se il presidente americano uscente era e resta una gran testa di membro (della presidenza), questo nuovo, per il momento, gode solo della fama della sua razza a proposito di apparati riproduttivi maschili.
Ed è inutile che ci lamentiamo, noi. O facciamo paragoni. Da ieri, non solo i nostri politici ce l'hanno piccolo.
E così, mentre l'America ha il suo Obama, a noi restano le baracke.
E lascio in questo spazio, a futura memoria, il pezzo scritto da Chicco Gallus sul nostro Epolis quotidiano. Lo metto in mostra alle future generazioni, perchè dice una cosa che è così evidente che nessuno se ne accorge. O forse, cosa che io temo sia molto più vera, nessuno affronta per scaramanzia. Perchè non vedere, in qualche modo, significa anche immaginare che non esiste. Che la realtà è diversa.
Dopo l’elezione di Barack Obama a uno degli incarichi più importanti al mondo ho cercato un po’ di cosine che aveva detto in un suo discorso. Il discorso è quello di Denver, quando è stato scelto come candidato democratico alla presidenza. Spero siate seduti, perchè ci sono delle cose veramente sovversive. Ad esempio ha detto che il governo dovrebbe fare quello che non si può fare da soli: proteggere i cittadini e garantire una istruzione a tutti i bambini, preoccuparsi dell’ambiente e investire in scuole, strade, scienza e tecnologia. Caspita, è praticamente l’esatto opposto del programma del nostro, di governo. Ma Obama quella volta ha detto pure di peggio: ha promesso di investire 150 miliardi di dollari in 10 anni per le fonti energetiche rinnovabili. Poi si è spinto pure più in là. Rendetevi conto, ha detto “assumerò un esercito di nuovi insegnanti pagandoli meglio e appoggiandoli nel loro lavoro”. Quest’uomo è chiaramente un nemico del progresso e della decenza. Inoltre in quel discorso ha parlato di garantire l’assistenza sanitaria a tutti gli americani e addirittura di garantire ai lavoratori il congedo retribuito per malattia. Evidentemente delirava: queste cose, ce lo dice ogni giorno chi governa da noi, sono nocive e da eliminare.
Pensare
che gli americani, a quanto pare, le desiderano ardentemente.
E pensare che noi, almeno per ora, ce le abbiamo.
Chi ha il pane, non ha i denti.
Quanta verità scorre nel sottobosco delle ovvietà.

martedì 28 ottobre 2008

formattiamo il sistema

Siamo tutti d'accordo: il sistema su cui si basa l'economia mondiale da oltre cento anni è una bufala. O meglio, lo è diventato.
E' così pieno di bug che ormai sta collassando e nessuna patch risolve il problema.
L'unica cosa è riformattare l'Hard e sperare che riparta al primo BootStrap.
Le risorse di sistema sono ormai inutili e nessuno si è preso la briga di creare realmente quella serie di specifiche che avrebbero potuto portare a tutte le periferiche le informazioni per il buon funzionamente dei programmi comunitari.
Ma piuttosto che investire sulla ristrutturazione delle stringhe di comando per una migliore distribuzione delle risorse, i programmatori a capo del sistema mondiale lasciano usurare le periferiche con l'intento di assorbire il più possibile i flussi del sistema che loro stessi hanno ereditato dal padre celeste dei sistemeisti.
Il trucco è sempre lo stesso e lo disse a tutta la classe il mio professore di informatica: quando create un sistema per un'impresa, lasciate sempre una falla aperta. Così vi richiameranno per poterla correggere e mentre correggete quella, ne create un'altra. E' il sistema DOC per lavorare tutta la vita.
Alla mia contro battuta che però così si crea il caos e non si risolve nulla, o comunque si progredisce molto lentamente, la risposta è stata (come sempre nei confronti delle mie osservazioni) che a fare il filosofo non si portano soldi a casa.

Ora mi sembra giunto il momento di sedermi e guardare.
A fare il filosofo, non sembra, ma ci si stanca un po'.

lunedì 13 ottobre 2008

L'ANTICO GEOMETRA MISURA LA VITA

In sottofondo una musica, un ritmo sincopato alla Paolo Conte.
Ma forse meglio un'atmosfera di quelle che hanno reso immortale Ivano Fossati
.

L'antico geometra misura la vita
con un sistema a sestante
e sono anni che conta
e sono anni che ne sente tante
e sono anni che conta
tutte quelle che sente.

Il tempo tiene il conto anche lui
con un sistema diverso 
ma altrettanto importante
che nella vita di ognuno sembra pesante
che nella vita di ognuno porta la pace
e portandola almeno lo fa contando
ticchettando
ma lievemente, con grazia,
all'indietro.

L'antico geometra lo sa
per questo non impazzisce
e tenendo il tempo del tempo che conta
lo accompagna al piano,
suonando un jazz moderatamente sano.
Appoggiato in disparte,
assorto nei suoi sapori,
si insinua in un silenzioso assolo
un buon vino fragrante, bianco,
con quel suo lieve decanto fruttato 
e stanco di una vita da cantina.

Canta e suona, l'antico geometra,
e sono anni che l'ascolto
canta e suona e beve e fuma
e ormai anche il diavolo l'ha assolto
e insieme a lui sto aspettando
di trovare il giorno giusto per morire
che tanto di tempo per vivere ce n'è.

giovedì 9 ottobre 2008

VALUTAZIONE DI UN POSSIBILE FUTURO

Hai deciso di voler fare l'attore da grande?
La recitazione è il tuo secondo essere?
Il cinema è la tua aspirazione?

Inizia a cantare.
Incidi un disco.
Prima o poi qualcuno ti chiamerà per essere il protagonista di un film.
Molto probabilmente il regista sarà Ligabue.

I miei migliori auguri per un futuro probabile.

ARMONIA non è solo un concetto, è un sistema di vita possibile.

sabato 27 settembre 2008

cambiamenti

Nuovo motore di tweening: addio keyframe

Il cambiamento che probabilmente più "sconvolgerà" chi già utilizza Flash, specialmente lato design, sarà il cambiamento della linea temporale:
non saranno più presenti i keyframe (fotogrammi chiave) abitualmente utilizzati per creare le interpolazioni di movimento e di forma, ma sarà presente un motore completamente rinnovato, sarà possibile modificare direttamente l'animazione in ogni suo istante senza la necessità di keyframe e tutte le proprietà dell'oggetto animato saranno modificabili; risulterà inoltre molto semplificata la creazione di guide di movimento e di effetti di accelerazione e decelerazione, dato che tutte queste opzioni saranno accessibili senza l'utilizzo di pannelli o la creazione di layer aggiuntivi: tutto potrà essere fatto dal layer in cui animiamo il nostro oggetto.

[… segue]

http://flash.html.it/articoli/leggi/2776/adobe-creative-suite-4-le-novita-di-flash/

lunedì 22 settembre 2008

AL(E')ITALIA

Qualcuno è in pericolo!!
Qualcuno sta gridando AIUTO a squarciagola!
Allora questo....
è un lavoro per Superman!!!

«...il Commissario Straordinario – considerate le ragioni di necessità e urgenza di cui al D.P.C.M. del 29 agosto 2008 - invita chiunque sia in grado di garantire la continuità nel medio periodo del servizio di trasporto, la rapidità dell’intervento nonché il rispetto dei requisiti previsti dalla legislazione nazionale, ivi compresi i Trattati di cui è parte l’Italia, a presentare manifestazioni di interesse per l’acquisto di uno o più rami di azienda di Alitalia Linee Aeree Italiane S.p.A. in a.s., di Alitalia Airport S.p.A. in a.s., di Alitalia Express S.p.A. in a.s., di Alitalia Servizi S.p.A. in a.s. e di Volare S.p.A in a.s., anche non preesistenti.
Tali manifestazioni dovranno pervenire presso gli uffici del Commissario Straordinario, in via Marchetti, n. 111, 00148 Roma, entro il 30 settembre 2008, ore 12.00, unitamente a tutta la documentazione che ne consenta la valutazione al fine di avviare l’eventuale trattativa.»

Il documento originale

DA DOMANI

Da domani bar e disco rischiano la chiusura senza tabelle antialcool.
Scatta martedì 23 settembre l'obbligo
di esporre le tabelle sui tassi alcolemici
e sugli effetti dell'alcool, nelle discoteche
ed in tutti i locali dove si svolgono forme
di intrattenimento congiuntamente alla vendita
e somministrazione di bevande alcoliche.
Perplessa la Confesercenti, che ritiene le tabelle
di difficile comprensione per la clientela
.

Le donne e gli uomini divisi per colonnne, pesi ed età.
Da domani ogni sorso sarà spuntato su un foglio per non dimenticare.
Da domani gli automobilisti ubriachi rischiano la galera.
Quelli che parlano al cellulare la sospensione della patente.
Quelli che leggono il giornale una tiratina d'orecchi.
Quelli che guardano il culo alle belle donne una severa occhiata di rimprovero.
Naturalmente, da domani, i vigili sapranno svolgere al meglio il loro mestiere.
Attraversare le strisce pedonali sarà un gioco da ragazzi e attraversare l'europa in tir non sarà più un sacrificio.
Questi bei ragazzoni polameni o rumacchi, non potendo più bere al bar, sarnno sempre svegli e attenti e felici.
Questi bei giovani, amanti della discoteca, si faranno sbomballare il basso ventre dalla musica perpetua, tutta la notte. Sobri. E così dovrebbe succedere: magari si accorgono finalmente di cosa hanno ascoltato fino ad allora.
Ma anatema su quei baristi che danno da bere agli esseri umani, automobilisti, per giunta, più di due bicchieri per volta di qualunque alcolico che si possa mischiare con le droghe assunte, che sballano fino al sonno chiunque stia sette ore consecutive a ballare.
Eppure, pensateci: migliaia di ragazzi a ballare per tutta l'Italia, e solo settotto muiono ogni fine settimana. Tranne quelli che guidano. Chi è al volante, che di solito è ubriaco. O fatto. O stanco. O figlio ignoto.
Poi però, ogni giorno della settimana lavorativa, qualcuno mentre parla al cellulare o solamente guida un po' troppo baldanzoso, mette sotto qualcun'altro. E a fine settimana sono decine le vittime.
Eppure non erano ubriachi. O fatti. O figli ignoti. Erano semplicemente automobilisti.
Erano e sono solamente uomini. Esseri umani. Perchè alla guida ci sono pure le donne. Anche loro esseri umani. Quindi tutti, indistintamente, sono colpevoli.
E allora chi multiamo? A chi diamo la colpa?
Per me che abito a Roma e che Roma la guido, lo saprei io a chi dare la colpa.
Ma non lo dico per non sviare il discorso. Qui si parla di provvedimenti.
Mio padre, quand'ero piccolo, ma pure quando ero più grande, mi picchiava qualora riteneva che l'azione che avevo compiuto fosse grave.
E certamente ho odiato quell'uomo, così come molti odiano le istituzioni.

E ho combattuto quell'uomo, così come molti pensano che opporsi alla legge sia la cosa più caparbia da fare. Dimostrare la nostra ragione, il nostro stile. Le nostre idee.
E io ho odiato e contestato quelle di quell'uomo, che cercava di dirigere la mia mente in una direzione che non capivo.
Così come molti, ancora oggi, non capiscono perchè devono mettersi la cintura di sicurezza in automobile o il casco andando in moto.

Ma poi sono cresciuto.
Diciamo che crescendo, vivendo, imparando ho capito meglio certe sfumature.
Così sono felice che qualcuno sia un po' severo, ogni tanto. Ben sapendo che tanto solo il tre per cento capirà i motivi ed i vantaggi nell'intraprendere quei suggerimenti.
L'altro novantasette , da domani, guidando automobili dalle grosse cilindrate, comode, calde, silenziose, accoglienti, confortevoli e sicure potrebbero essere coscenti che la galera, la privazione della propria auto e la sostanziosa multa non portano vantaggi sociali.
Figuriamoci schiantarsi con gli amici.
O con un camion insieme al suo rimorchio.
Da domani. Qualunque sia l'oggi.

SRADICARE LA POVERTA'

Il Papa ci guarda dal suo balconcino e ci indica la via per la soluzione ai problemi.

21/9/2008 (12:36) - L'ANGELUS Il Papa si rivolge ai leader politici di tutto il mondo e chiede che «si prendano e si applichino con coraggio le misure necessarie per sradicare la povertà estrema, la fame, l’ignoranza e il flagello delle pandemie che colpiscono soprattutto i più vulnerabili».

Ce lo dice lui che è a capo di uno stato sovrano esentasse e coperto d'oro, propietario di migliaia di metri quadri di immobili nel mondo e depositario di tesori immensi per cui si fa pagare per poterli vedere.
Ci pensassero i buoni cristiani, quelli a capo dei governi, a risolvere la questione. Quelli si, si sa, che sono buoni.
Ci pensasse l'ONU che ha i mezzi per diffondere il verbo della pace.

Perchè la chiesa non riesce più a farlo da quando parla tedesco.

SMART ERGO CORRO

SMART ERGO CORRO.

Andavo a cento all’ora
per trovar la bimba mia
ye ye ye ye
ye ye ye ye
Andavo a cento all’ora
perchè più piano non ci va
blen blen blen blen
blen blen blen blen

sabato 13 settembre 2008

CONFESSIONI DI UN EX GRAFICO

Un'intervista shock!
CONFESSIONI DI UN EX GRAFICO:

E' POSSIBILE "GUARIRE"?
«Basta un niente per risvegliare il demone. Lui tiene sott'occhio te e tu devi costantemente sorvegliare lui.»
E' questo il punto di un ex grafico profesionista compulsivo.
«Lo so - continua irrefrenabile nella sua rivelazione - dal rischio di dipendenza non si guarisce facilmente. Perchè anche se ne sei fuori, quello che ti ha condotto nella spirale delle tipografie, così come delle serigrafie o delle stampe digitali, è un seme che fa pare di te. Sono mesi ormai che frequento l'Associazione Grafici Anonimi e ormai sono più che cosciente che questa mia necessità di vedere stampato il mio progetto può dipendere da una connaturata fragilità, un dolore persistente, una certa dose di noia, carenza affettiva, voglia di sentirsi vincenti o cambiare la propria vita, ma anche bisogno di emozioni straordinarie. Un motivo vale l'altro, il risultato non cambia. E' qualcosa per cui prima fai un lavoro ogni tanto, è quasi un passatempo. Poi si insinua una sorta di ansia, un languore che ti strappa ad ogni altro pensiero e attività. Così tenti di tutto: volantini, etichette per lo shampoo, biglietti da visita, volantini, brochure per dentisti, cataloghi, montaggio video, volantini, riviste parrocchiali, cd interattivi, cartoni animati, volantini, menu turistici, fumetti indipendenti, illustrazioni, volantini, fotoritocco per lapidi, ciclostilati, tesserini, calendari, volantini.
Meno trovi lavoro più produci idee, sostenuto dall'illusione di essere ad un passo dalla grande vittoria. E dall'essere pagato. Ma se vengo pagato ho un motivo in più per proseguire.
E cadendo sempre più in basso continuo ad investire su hardware e software altamente professionali. Finiti i soldi, finiti i clienti, cominci a chiedere ai tuoi amici, parenti, familiari. E quando il lavoro davvero langue e non hai neanche più i soldi per acquistare la tessera mensile dell'ATAC (l'Azienda Trasporti Pubblici di Roma, n.d.a.d.b.) allora passi ai prestiti in banca, per approdare infine nelle mani degli agenti del fisco o degli usurai. E' lo stesso.
I giorni e le notti si susseguono nell'angosciosa ricerca di una soluzione per pagare i debiti e racimolare altro denaro da reinvestire nel lavoro. E la menzogna diventa regola quotidiana, ingannando tutti quelli che ti ruotano intorno.
"Come va a me? Benissimo, guarda, mi fermerei a parlare con te, ma sono molto impegnato!"

"Non ho un minuto libero!"
"Devo scappare in tipografia che ho una consegna!"
Una vita di punti esclamativi e mai un minuto per porsi la domanda: sto lavorando per vivere o sto vivendo per lavorare? Così resti legato alla bugia di una vita migliore fino a quando non avere lavori da fare, tutto sommato, diventa quasi un sollievo: la giusta punizione per chi ha smarrito dignità, identità, capacità di amare il proprio lavoro e amarsi in un ruolo definito.»
L'uomo che è di fronte a me, poco più che quarantenne, dopo quindici anni di lavoro come grafico, fallimenti imprenditoriali, dipendenza da inchiostri acrilici, più di un tentativo di aprire lo studio, guai con il fisco o gli usurai (è lo stesso), quest'uomo, finalmente ha trovato la forza di rivolgersi all'Associazione Grafici Anonimi di Roma, con i quali ha iniziato, alcuni mesi fa, un percorso che si prospetta lungo ma efficace per una rinascita professionale.
Attorno a lui ruota in Italia un folto popolo di cittadini dediti all'arte della stampa o della progettazione grafica (si stima che i grafici "patologici" nel nostro paese siano circa 700.000) che nell'investire piccole somme per la propria crescita professionale bruciano cifre da capogiro ogni anno.
Se, infatti, i consumi familiari calano, la spesa per il proprio pc si è invece triplicata: in sei anni i 14,3 miliardi di euro del 2000 sono lievitati ai 35,2 del 2006. Il desiderio del "colpo di fortuna" è aumentato in maniera direttamente proporzionale alla crescita esponenziale delle diverse release dei software in commercio e delle offerte di connessione ADSL presenti sul mercato.
«Si è passati dalle rare occasioni di cambiare gestore ogni anno, per pagare meno la propria connessione, alle attuali 19 offerte accattivanti ormai presenti nella propria casella email ogni 72 ore. Inoltre a questo, le fusioni di case produttrici e il passaggio alle diverse release dei software ingigantiscono la problematica di recupero dei grafici - spiega Aristide P. presidente del CONATO (Coordinamento Nazionale Tipografi Ossessivi) - e non è un caso. In un momento di recessione economica, è storicamente documentato, aumenta la ricerca spasmodica della "propria fetta di mercato". Ed è questa carenza di zuccheri - sorride - che porta alla confusione d'identità del grafico. La maggiorparte di loro, per lo più uomini, secondo recenti stime, sono persone prive di fantasia che nella produzione tipografica intravedono una forma di riscatto sociale.»
Il mito un po' romanzesco del pubblicitario ricco, strafottente, circondato da donne vogliose e da clienti desiderosi dei suo servizi che si permette di dire "forse" rischiando di perdere quel lavoro, è dunque infranto.
Oggi chiunque si aggiri intorno a quel mestiere è pronto a fare di tutto. Non è più il grafico pubblicitario che va al cliente, prendendo in considerazione se davvero ne vale la pena, ma è il lavoro, le esigenze del cliente, le sue peculiari speculazioni del mercato che vanno a scovare la possibile vittima.
Nella società odierna, coloro che cadono nella dipendenza da lavoro sono grafici assolutamente comuni, per lo più immersi nella monotona routine del volantino, che nel bar sottocasa intravedono uno spiraglio di lavoro entrando centinaia di volte a chiedere se serve qualcosa. Un tovagliolino firmato, un sottobicchiere personalizzato o magari un bel cartello con scritto "the freddo" (questo l'ho visto per davvero in un bar a Roma, n.d.a.d.b.).
Le donne grafico, seppure ancora in numero inferiore rispetto agli uomini, sono in aumento. La passione per la libera espressione grafica è cominciata negli anni 70 quando sui muri andavano aerografando scritte e slogan e oggi sfocia in una lenta ed inesorabile ascesa come presenza, nel campo della comunicazione visiva compulsiva, andando ad allargare le fila di quella categoria di professionisti che cercano a tutti i costi un'altra possibilità di poter prendere una fetta.
Lo sanno bene i dirigenti del CONATO che hanno sottomano, quotidianamente, i numeri di una realtà che pochi vogliono conoscere.
Forse è per questo che il mestiere del grafico compulsivo stenta ad essere riconosciuto nell'ordinamento giuridico italiano, come una vera e propria patologia, nonostante l'Organizzazione Mondiale della Sanità lo abbia già inserito nella lista delle dipendenze. Carenti, di conseguenza, risultano sul territorio i centri e le opportunità di terapia ed accoglienza. «Il motivo è piuttosto lampante - prosegue Aristide - non dimentichiamo che in Italia c'è il mito del posto fisso. Un mito che ha portato all'ingrossamento di personale di tutti gli Enti Pubblici e quelli privati più grandi, come Telecom, Eni o altri. Questo ha portato a far aumentare quelle matrici, quelle componenti insite nell'animo di molti e scatenanti della malattia: la noia, la privazione al successo, l'ascesa della propria figura professionale ma sopratutto l'ambizione alla notorietà.
Il detto "questo l'ho fatto io" non è solo una delle tante rubriche giocose della Settimana Enigmistica, ma una delle maggiori cause di dipendenza compulsiva da Stampa Grafica.»
Ma i soldi dei grafici che fine fanno? Ai vertici della dirigenza del Fisco se lo chiedono in molti.
«Dal 1997 ad oggi - prosegue il Presidente del CONATO - non c'è stato anno, ma che dico, mese che le industrie del software non abbiano tirato fuori versioni e aggiornamenti dei maggiori software del mercato. E teniamo conto, indissolubilmente dal contesto odierno, delle nuove proposte ammiccanti delle case concorrenti. Tutti sembra che possano fare tutto.
Con la cosiddetta legge Biagi, poi, l'illusione del posto di lavoro si è infranta contro l'ilare intenzione degli imprenditori di dare stipendi e sicurezze. Da qui l'aumento delle ansie, delle diminuzioni delle aspettative e l'aumentare della ricerca di espressione di un successo personale. Il passo verso l'espressione grafica compulsiva è stato breve. Brevissimo.»
La grafica di oggi, di fatto, non risparmia più nessuno: macchinari a basso costo, risoluzioni di stampa eccellenti senza il minimo sforzo o la minima conoscenza tecnica. Inchiostri e soluzioni tecniche che lasciano senza fiato, esterefatti, la maggiorparte delle persone. Emule che permette l'istallazione e l'uso gratutito di software altrimenti costosissimi. Rateizzazioni e prestiti erogati da tantissime agenzie senza vergogna, lasciano l'illusione che il colpaccio sia proprio dietro l'angolo. A portata di mano.
L'illusione è dichiarata ovunque: tv, telefono, web, cellulare, volantini.
«Quel che manca, prima di tutto - dichiara Manlio Asterisco, vicecoordinatore affiancato dello STUPRO (Stampatori Uniti Per Rilegare Ogniccosa) - è un cambiamento di rotta sul fronte della sensibilizzazione: su nessun software in commercio compare il messaggio del rischio di dipendenza che comporta. Non sarebbe certo risolutivo, ma si diffonderebbe, intanto, una cultura della consapevolezza che un uso costante ed indiscriminato di Photoshop, per fare un esempio su tutti, porta a credere che solo quello sia in grado di convertire una foto a colori in bianco e nero. O scala di grigi, come direbbero gli esperti.»
E già, perchè sul mercato esistono decine di variazioni del tema per ogni tema. E i costi che bisogna sostenere per averli tutti a disposizione sono enormi.
«Questa è la causa maggiore, se non la principale - continua Manlio - che porta sul baratro della follia e della dipendenza i nostri sfortunati grafici. Così come anche una cultura distorta del nostro popolo. La famiglia stessa di chi è vittima dell'upgrade, quando si conclama la dipendenza, ne sottovalutà la gravità: la moglie di un grafico che ho avuto modo di conoscere, ha tirato un sospiro di solievo quando ha scoprto che le strane scappatelle del marito non erano legate alla presenza di un amante, ma di un tipografo. Paradossalmente, sarebbe stato meglio che la tradisse con una donna, viste le conseguenze a cui lo aveva indotto il tipografo.»
E proprio nella consapevolezza, c'è la chiave di volta per chi nella dipendenza è già caduto. Il primo dei 12 passi previsti per chi approda ai Grafici Anonimi è proprio quello di affermare "Sono un grafico compulsivo".
«Come in ogni dipendenza - conclude il nostro grafico misterioso - ammettere di essere malato e di aver bisogno di aiuto è l'inizio di un cammino terapeutico che si basa sul motto "OGGI NON STAMPO". Domani si vedrà. Nessun progetto ha mai veramente bisogno di essere reso esecutivo così in fretta. E così, non stampando quotidianamente, si arriva anche a non dover realizzare un progetto quotidianamamente. Fino a maturare la consapevolezza di non aver più la necessità di conoscere i 118 software presenti sul mercato abbinati alle 19 offerte ADSL comparate con le specifiche tecniche dei server. In questo modo ci si allontana dal "demone", che però non scompare mai del tutto. A tenerlo a bada c'è una voce interiore, nata dall'esperienza dell'inutilità di sostenere tutti quei costi. Ora riesco ad apprezzare la "banalità" della vita normale, la ricchezza delle piccole gioie dell'essere grafico. Ho scoperto così in me stesso la presenza di un essere prezioso e insostibuile: il programmatore.»

Lo spunto mi è stato dato dalla lettura di un articolo di Paola Simonetti sulla rivista Acqua e Sapone di Maggio 2008:
VITE IN GIOCO, confessioni di un ex giocatore d'azzardo.

venerdì 18 luglio 2008

PILLOLE DI MEMORIA [2]

Ricordare non fa mai male.
Anzi, è stata la grande forza dell'umanità, la grande eredità che ci siamo tramandati di generazione in generazione: la memoria degli eventi.
Nomi e cognomi.
Così, nel mio piccolo, provo a tracciare anche il mio solco di memoria.
Oggi parlo di politica e di economia. Parlo di un luogo che non ho frequentato perchè non ho voluto, non perchè non ho potuto. Ma allora come oggi, gli atenei erano ricercati per poter avere una base culturale da cui partire ed un attestato di frequenza che dichiarasse che ci si era andati davvero. Perchè da sempre (da trent'anni per quel che mi riguarda) l'università La Sapienza a Roma è stata scarsina di dotazioni di laboratorio.
Perchè l'universitario italiano della mia generazione non ha una precisa coscienza del valore della ricerca e della sperimentazione di laboratorio.
Non ha mai visto un laboratorio!
E lo dico con una certa cognizione: mio padre era un docente, ricercatore e luminare.
Le mie prime corse in bicicletta, con le rotelline di dietro, le ho fatte nei viali dell'università.

Anche mio padre si lamentava del fatto che i fondi fossero sempre pochi, mal distribuiti e mal spesi.
Anche a quei tempi la ricchezza di alcuni docenti non era nella memoria e nella gloria che i posteri avrebbero potuto attribuire al suo nome, ma nella vastità dei saloni delle loro case al centro storico, addobbati possibilmente di opere d'arte di estimabile valore.
Corruzione ed idiozia vann di pari passo, questa è la memoria che gli avi ci hanno lasciato.
Ma a scuola pochi studiano e molti lo fanno svogliatamente, quindi non imparano e quindi perpetrano e perpetuano movimenti che sono già stati compiuti.

Dal momento che chi ha il potere oggi, lo ha conquistato grazie all'ignoranza che dilaga e regna sul territorio, quelle stesse persone sanno bene che valore abbia la scarsità di istruzione superiore.
Forse è questa la visione prospettica che i ministri dell'attuale governo hanno ben chiara: il popolo deve rimanere popolo, che al resto ci penseranno i figli del potere.

Così, l'ultimo accessorio tecnologico posato sul mio tavolo Ikea mi ricorda che le cose inutili hanno sempre il sopravvento sulle cose necessarie. Ma forse mi sbaglio.
Aspetto fiducioso. Non sono credente e non dò speranze di sopravvivenza all'umanità, ma aspetto che qualcosa di troppo esilarante accada, qualcosa da non poter fare a meno di riprendere con un cellulare per inviarlo su YouTube ad un mondo morente che non capirà cosa sta guardando.
Senza ricerca scientifica viene meno lo sviluppo di un paese e si aggrava la crisi economica», ha di recente affermato il premio Nobel Mario Capecchi.
Ma il ministro Tremonti “mani di forbice” non ci sta e ha confezionato un decreto legge che massacrerà ricerca e università pubbliche, con tagli pesanti e indiscriminati. Per tappare il buco di denaro creato dalla populistica abolizione dell’Ici e dal salvataggio dell’Alitalia, Tremonti saccheggia le tasche già mezze vuote delle Università.
Tagli drastici ai fondi per il funzionamento e per la ricerca, forte limitazione delle assunzioni, riduzione degli scatti stipendiali e privatizzazioni insensate: si tratta di misure che causeranno la paralisi, azzerando le possibilità di crescita e rinnovamento degli atenei e le speranze di carriera di giovani e meno giovani. Anche grazie all’incremento delle ore dedicate dai docenti alla didattica, l’università si trasformerà in uno pseudo-liceo, contenitore di didattica, povera e minimale, esamificio da cui la ricerca scientifica sarà espulsa, come un corpo estraneo.
Le scellerate misure di Tremonti costringeranno, inoltre, gli atenei a triplicare le tasse d’iscrizione per rastrellare fondi necessari alla sopravvivenza. Il buon senso avrebbe suggerito di tagliare le sacche d’improduttività grazie ad una seria valutazione, ma Tremonti non colpisce fannulloni e nepotisti, non pota rami secchi, preferisce penalizzare la parte migliore degli Atenei, quella che lavora, produce e studia. Al tempo stesso, elargisce finanziamenti ad personam ai centri “d’eccellenza” privati da lui stesso istituiti.
Si tratta di una reale emergenza, il più violento e rozzo attacco mai sferrato contro la cultura, l’università e la ricerca pubblica nel nostro paese dal dopoguerra in poi. Un attacco che ha generato un malcontento dilagante: da Torino a Cagliari, da Firenze a Napoli, da Bologna all’Aquila, da Milano a Roma, da Venezia a Palermo, docenti, personale tecnico-amministrativo e precari organizzano assemblee e minacciano di bloccare l’apertura del prossimo anno accademico. Si penalizzeranno gli studenti?
Saranno penalizzati comunque dall’aumento delle tasse universitarie e da servizi sempre più scadenti.
Si preannuncia un autunno davvero bollente, Tremonti ci pensi bene.

Patrizio Dimitri

Docente di Genetica all'Università La Sapienza - Roma
EPOLIS - 17 luglio 2008
A ben pensarci, il nostro Napoleone nazionale, guida le sue truppe con una strategia incredibilmente palese eppure così sfuggente. Ora crea i presupposti per una grande disoccupazione, sopratutto di personale specializzato. Poi, alle prossime elezioni, prometterà milioni di posti di lavoro.
Un genio!
Aspettiamo a vedere, due saranno le soluzioni. Solo due: o l'alloro o gli schiaffi.
Nessun duce porta mai del bene al proprio popolo. MAI!
Spero che la memoria storica prenda il sopravvento alle fiction, nei prossimi anni. Spero che essere costretti tutti a pagare il canone dovendo mostrare l'impronta del proprio pollice, scoraggi milioni di persone a continuare a guardare nella scatola.

Armonia non è un concetto filosofico astruso, è una condizione di vita probabile.
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domenica 13 luglio 2008

GENERAZIONI

Cemto anni fa gli italiani, quelli più poveri, quelli più disperati e ignoranti, quelli che fuggivano in qualche modo da qualche cosa o qualcuno, magari la legge, magari un padre infuriato, magari una situazione senza speranza, quegli italiani, sbarcavano in America.
Nel corso del tempo quel grande paese è stato invaso da ogni razza e ogni tipo d'uomo (essere umano, quando dico uomo non intendo assolutamente dimenticare le donne, che in tutto questo hanno avuto il loro grande ruolo di perpetuare la specie) e ogni etnia ha preteso di imporre le sue ragioni, le sue religioni e il suo valore morale. Chi aveva più ricchezza e armi lo ha potuto fare a discapito di tutti gli altri, autoctoni compresi.
E così, dal 1500 al 1800, gli spagnoli, gli ingesi, gli olandesi e i tedeschi hanno colonozzitato quella grande terra.
Poi, alla fine del 1800, è cominciata l'esponenziale invasione degli italiani.
Questi si sono trovati di fronte un paese che offriva possibilità di ricchezza per tutti. Bastava rimboccarsi le maniche ed essere amico di qualcuno. Grandi sacrifici perchè almeno uno dei figli potesse studiare e grandi speranze perchè almeno una delle figlie sposasse qualche ricco americano.
Un po' come i rumeni, oggi, qui da noi.
Insomma, senza voler fare analisi che non mi competono, gli italiani, cento e passa anni fa, hanno invaso l'America. Esportando in quella terra tutta la forza e l'ingegno e la speranza che in Italia, gli italiani stessi, non riuscivano a radicare.In fondo la storia di molti popoli è simile, anche se vissuta in epoche diverse. Anche la nostra penisola e il popolo che l'abitava da sempre, quel popolo dalle nobili radici latine, sono stati invasi e violentati da ogni sorta di altra etnia, religione e cultura. Perdendo la memoria genetica di quella gloriosa razza.
Ma torniamo di nuovo con la mente in quell'America, dove una società certamente meno evoluta di quella odierna, ma altrettanto certamente più caparbia, accolse in sè tutta quella manod'opera a basso costo, che contribuì a costruire le città, le ferrovie e a rinforzare l'economia delle industrie americane e immaginiamo un dna ibrido che incontra un altro dna ibrido.
Da allora ad oggi, generazione dopo generazione, tutte quelle razze si sono unite per creare un terzo dna che ha portato alla luce centinaia di personaggi che hanno fatto la storia della cultura americana e che portano, immancabilmente, un cognome italiano.

Ora mi trovo di fronte ad un bivio, un ragionamento raddoppiato come un Giano Bifronte: tra 100 anni il dna italiano fuso con i dna dei popoli che lentamente ci stanno invadendo, porterà ad una generazione di grandi scenziati italiani con cognome italiano o ad una generazione di scenziati con un altro cognome?
La risposta sembra essere nel genoma latinorum.
Eppure il mio dubbio nasce da un postulato: quanti figli autoctoni nascono ogni anno a confronto con i figli dell'invasore?
Questa è una domanda che, posta oggi da italiano agli italiani, è valida anche se ci proiettassimo indietro nel tempo e ci raffigurassimo vestiti con un soprabito lungo, al central park, bombetta in testa mentre leggiamo il New York Times del 1910, sentendoci in tasca il rassicurante peso di un passaporto americano, sapendo di chiamarci Smith di cognome.

Intanto che cerco la risposta, raggiungo mia moglie in camera da letto.

domenica 6 luglio 2008

PACCHE E BACETTI

Tornando a casa ieri sera, verso le undici, sull’autobus strapieno di ragazzi che andavano a fare festa da qualche parte, mi è balenato un pensiero.
Ma quand’è che abbiamo cominciato a baciarci invece di stringerci la mano?
Ormai tutti ci si saluta solo con abbracci e bacetti, pacche e abbracci o vigorose strette di polsi ma solo con l’intento di attirare l’altro a sé per poterlo baciare. Insomma, una volta gli uomini si salutavano con vigorose strette di mano si guardavano negli occhi, gli amici si salutavano più confidenzialmente con una manata sulla spalla e un ‘a frocio… ‘i mortacci tua!, ma soprattutto passava del tempo prima di certe confidenze.

Tu conosci uno, lo stai vedendo per la prima volta ed entrambi, molto garbatamente, si tende la mano per salutare nel presentarsi. Ecco, la seconda volta che vi incontrate siete ormai compagni d’armi e di bevute, vecchi amici che si ritrovano dopo un tempo dilatato dai ricordi, non siete più due uomini che si salutano. L’altro vi guarderà con uno sguardo come a dire ma come, non mi abbracci? E vi tirerà a sé.
Perché se voi provate solo a stringere la mano, l’altro tira.

Io ci tengo alle tradizioni ma non sono un conservatore.
Mi piace conservare le tradizioni, ma sono anche un goliardico scopritore di novità.
Mi dispiace di morire, ma son contento.
Mi piace invece evolvermi anche negli usi e costumi, altrimenti starei ancora col telefono a disco a casa, ma mi piace anche ricordare e tenere in considerazione quel che del passato è bello.
Comunque, dunque, però, tecnologia e nostalgia a parte, tornando all’argomento del mio pensiero, mi chiedo, di nuovo: quand'è stato (quando!?!!!) tra noi, quelli della mia generazione, quand’è che abbiamo cominciato a baciarci ogni volta che ci incontriamo?
Ma, scusate se insisto, quandè che tutti abbiamo cominciato ad AVER BISOGNO di baciarci?
La cosa non mi dà fastidio, m’incuriosisce.
Non ho fatto attenzione al momento, al giorno di quell’anno che qualcosa andava cambiando e non ho memoria del salto. Però, forse, questa cosa la sto notando maggiormente da quando mi ha preso la fissa di leggere i libri di Valerio Massimo Manfredi.
Uno storico. Uno che nel vivere la sua passione e nel ricostruire i fatti del passato, ha scoperto che li sapeva raccontare in modo egregio e appassionante. Romani, Greci, Egiziani, abitanti del mediterraneo in generale vissuti tremila anni fa. Uomini vigorosi che combattevano e che davano all’amicizia e alla fedeltà un valore che noi non conosciamo più molto bene. Uomini da cui discendiamo, dei quali in qualche modo portiamo la memoria storica del carattere e delle imprese nei nostri geni. Ma sembra che sia un po’ out essere orgogliosi del proprio gene, fa un po’ fascista e un po’ nazista.
La razza è considerata materia di destra, il popolo è considerato materia di sinistra.
E infatti, ora che ci penso, chissà perché quelli di sinistra guardano sempre alle radici del pensiero e del popolo e non esaltano mai la persona. Non ho una cultura storica dei movimenti di pensiero che fondarono i partiti, nonché degli uomini che li misero in atto, ma immagino che se uno diceva “il popolo unito” l’altro non poteva dire la stessa cosa. L’individuo è diventato materia di studio.
Quindi, come faccio a dire che sono di sinistra, cioè pronto a lottare per il popolo e i suoi valori e i suoi vantaggi, quando poi sono pronto anche a dire che mi pare giusto valutare una persona in base ai suoi meriti personali? Al suo carattere?
Ma come al solito ho divagato. Che c’entra questo con i baci e gli abbracci?
Nulla, appunto. Ho divagato.

E il divagar m’è dolce, in questo mare di parole
naufrago e predone di mille pensieri e atti,
conscio di esser padre poi oltre che prole,
saggio e prodigo di consigli; noi tutti, ratti
nel soggiogar a noi le altrui meraviglie
per renderle, parimenti, nostre figlie.
Chi vuol esser di parte che lo sia
della ragion non v’è certezza
che, per quanto pura, certamente fantasia
di un sol uomo fu, di pensiero sua brezza.

Quindi non ci si illuda di trovar risposte
lungo l’impervia via che ci conduce all’Averno
ma, pazientando nel cercar, troveremo riposte
nell’animo emozioni che saran nostre in eterno.

Vi saluto.
Un bacio e un abbraccio a tutti.
'i mortacci vostra, aò!

martedì 24 giugno 2008

PILLOLE DI MEMORIA

Leggo su Epolis, nella rubrica dedicata ai lettori (quindi quelli come me) e volentieri pubblico.

LO SBIILANCIO DEL COMUNE HA PIU' DI UN RESPONSABILE
Ma il buco non è di veltroni
Lettera firmata
Roma

Siccome i romani e gli italiani, più in generale, hanno la memoria che diventa selettiva di anno in anno grazie a tg frettolosi o giornali poco obiettivi, mi piacerebbe far riflettere chi legge sui motivi dell'enorme buco nel bilancio del comune di Roma. Intanto, nessuno ricorda che durante il Berlusconi bis furono tolti alla città i fondi per Roma capitale? Primo buco... E cosa dire del fatto che il comune avrebbe dovuto prendere diversi miliardi dalla Regione Lazio, tutti anticipati di “tasca propria” ad Ama, Atac e Trambus perché la Regione non li aveva? E perché la Regione non li aveva? Per il famoso crack della sanità per il quale stiamo ancora pagando ticket! E lo sanno che ci sono ancora debiti del comune che risalgono all'epoca di Carraro? Allora cari signori, prima di puntare il dito sull'ultimo sindaco, che per carità non ha lavorato bene, informiamoci e raccontiamo le cose come stanno!

Che altro dire?
Roma è una città di fori e di buche.
Roma è una città eterna, ha una storia antica e tradizioni ben radicate nel suo humus sociale.
Non mi stupisce sapere che siamo sordi al buon senso e attenti all'insulto.
Er trasteverino lo sa bene, ma bene bene, cosa vuol dire quando ci vengono ad insegnare a vivere, 'sti borbonici, quando ci sentiamo dire da qualcuno che siamo vigliacchi.
Una volta scattava il serramanico, oggi l'indifferenza.
E' che una volta, er trasteverino c'aveva l'onore, oggi c'ha il suv.
Pasquino e il popolo de Roma se lo ricordano bene, che vuol dire una voce sola nel coro dei mormorii.
Quando quelli al potere tremavano perchè la gente cominciava a capire, cominciava a fidarsi di Pasquino e smetteva di avere paura del potere.
Ma poi il tempo passa e la società s'evolve.
Con internet oggi tutti sappiamo tutto, sappiamo troppo, sappiamo un cazzo.
Se non ragioniamo, che sappiamo a fare!
Ma poi il tempo passa le regole si sradicano.
E con loro anche tutti i punti di riferimento, percui il governo ladro diventa talmente ladro, che i suoi rappresentanti sono tutti indagati e condannati.
Ma poi il tempo passa e le necessità prendono il sopravvento.
E così, un favore te lo facco io, uno me lo fai tu, un caffè al bar pagato per il dottore e una speranza di ceri accesi sotto le madonnine. E a Roma, di dottori e madonnine ce ne sono migliaia.
Ma per fortuna la mafia è al Sud.
Allo Statuario o a Capannelle, magari alla Romanina.

lunedì 9 giugno 2008

RISOLTO IL PROBLEMA DEL DEFICIT ITALIANO

A volte la soluzione migliore è talmente evidente che sfugge a tutti da davanti gli occhi. Non compenetra le menti migliori oppure semplicemente scivola via dalla superficie dei pensieri perchè ritenuta, istintivamente, assurda.
Eppure è lì, è stata lì da sempre: la soluzione all'annoso, gravoso problema del deficit italiano. E questa soluzione implica indirettamente, probabilmente, la risoluzione di un altro gravoso problema che affligge, però, non solo il nostro paese.
Magari l'esempio potrebbe illuminare molte altre menti al governo di altrettante nazioni.

Ecco: lo Stato, nei panni dei suoi funzionari più decisi, nei volti dei suoi militari più integgerrimi, nelle mani di quelle figure ritenute, in questo momento, marginali, insospettabili, quasi ignote, dovrebbe andare da quei capi clan di cosche mafiose che conoscono benissimo, che sanno dove si trovano e come agiscono, e dire loro che se vogliono continuare a chiedere le tangenti, indisturbati, senza timore di esere arrestati o indagati o intercettati dovranno pagare il pizzo allo stato.
La percentuale la stabilissero i contabili statali, che dovranno fare bene i conti del presunto fatturato di questo giro d'affari criminale. Del resto certe cifre sono sulle pagine dei giornali, riportate come utile di uno stato dentro lo stato.

E allora noi inventiamoci il terzo Stato.
Bussiamo a quelle porte e diciamo loro che devono pagare se vogliono stare tranquilli.
Alle loro risate di scherno risponderemo con arresti, gambe spezzate, macchine esplose e cantieri devastati.
Agli scugnizzi che girano la città con i motorini, bucheremo le gomme.
E se si ribellano, gli arrestiamo la mamma, così vediamo poi chi gli prepara da mangiare!

So che non accadrà mai, perchè proprio coloro che dovrebbero legiferare e controllare in questo ipotetico terzo Stato, sono quelli da arrestare per primi.
Neanche voialtri vi siete mai messi in punizione da soli. Figuriamoci loro.
Però potrebbe essere lo spunto per una buona storia di fantascienza.

sabato 31 maggio 2008

SE CONTEMPORANEAMENTE

SE lasciassi uscire quel che ho dentro contemporaneamente
a ciò che succede nel mondo, probabilmente
si crinerebbe la luna.
Per questo urlo in sottofondo,
mentre la vena sulla tempia si gonfia,
mentre gli occhi sorridono,
mentre la luce si soffonde contemporaneamente.

Se la mente, contemporanea a se stessa
si confonde con il passato del mondo,
evoluzione astrale dell'infinito,
il continuum temporale smette di avere il suo senso,
per quanto incompiuto,
pulsando, contemporaneamente, vive.

E poi il mattino è un suono stupendo
nell'armonica esplosione di vita,
tutta la vita,
ogni forma,
ogni sospiro,
ogni goccia,
ogni umana speranza,
contemporaneamente.

SE.

mercoledì 28 maggio 2008

IO SONO DI SINISTRA (2)

Se è vero che noi di sinistra abbiamo perso le ultime elezioni, la fede e la speranza che un dialogo di crescita e investimento possa esistere, vedendo quale classe politica ci rappresenta, è altrettanto vero che dalla parte dell'opposizione, oggi di nuovo al governo, esiste un entusiasmo che ci fa quasi invidia, più che paura.
Mi viene da pensare a tutti quegli yuppies degli anni ottanta, fine anni ottanta, che si davano gran pacche sulle spalle e sorridevano sempre. Avevano talmente tanta fiducia nel futuro che hanno devastato il loro presente e anche il nostro. Quella filosofia di vita troppo edonistica ha comunque trascinato dietro pure noi, che ineluttalbilmente ne abbiamo fatto parte.
E' stato allora che abbiamo cominciato a correre all'indietro.
Ero poco più che un giovane vent'enne e cercavo una strada per la mia carriera. Quindi mi son dato da fare per allacciare rapporti, per imparare trucchi del mestiere e per presentare al meglio il mio operato. Per vendermi, insomma. Perchè certamente ogni bravo venditore sa che deve gestire una serie di compromessi se vuole portare a casa il contratto. Sa bene che deve sottostare a delle promesse, per poter accaparrarsi la fiducia delle persone, che con i soldi comprano il prodotto e con la stretta di mano comprano l'uomo. E la sua anima.
E' stato così che ho scoperto che essere imprenditori significa essere di destra.
Bisogna guardare gli altri come fossero diversi, bisogna sfruttare le occasioni e invadere il territorio. Spezzare le reni all'altruismo, che non porta benefici immediati.
Bisogna dare cieca fiducia al futuro, non costruendolo sulle basi del passato, ma sulle ceneri del presente.
E non è di politica che sto parlando. Cercate di seguirmi.
Mi sono accorto che imprenditore significa vivere in maniera estrema. E gli estremi ci sono sia a destra che a sinistra.
Ma se è vero che la sinistra è la mano del cuore, la destra, è altrettanto vero, è quella che utilizziamo per mangiare. Certo, per chi è mancino la mano è la stessa. Ma quel che voglio dire è chiaro a tutti. Se non ci nutriamo, il cuore cessa di battere. Se non conquistiamo, lo spirito si abbatte e muore. Se non osiamo, la speranza di un futuro migliore cessa di esistere.
E' questo che spinge l'uomo a cercarsi al di là dei sogni.
Ma il pensiero, l'indole, la propria sensibilità e l'innegabile visione personale delle cose, e dei valori, della vita distinguono ognuno di noi.
Quindi ho preso coscienza che sono di sinistra. E forse anche una brava persona. Ma le due cose non sono consequenziali. Sono io. Ancora oggi non mi interessa il profitto, ma il buon successo dell'operazione. Se il mio prodotto funziona, allora anche il cliente avrà successo. Purtroppo il mio aspetto da panda mi ha destinato ad un precoce senso di specie in via di estinzione. Oltretutto mi piace tantissimo l'insalata e altri tipi di erba con cui mi nutro e mi dedico alla ricerca della felicità. Ma con questo non voglio dire che quelli sinistroidi siano dei deboli.
Io non sono un debole e neanche un perdente. Sono solamente di sinistra. Ma intendo la mia sinistra.
Credo nelle persone, ma anche che non siamo tutti uguali. Credo nel lavoro e non nello sfruttamento. Credo che il pane e la casa ce la dovrebbero avere tutti, ma non la macchina o il cellulare. Credo che ciò che mi conquisto è mio e, se voglio, lo divido con altri. Credo che tutti dovrebbero lavorare, ma non che tutti possono fare lo stesso lavoro.
Credo nel valore dell'identità e nellla forza delle idee, ma non vado in giro gridando agli altri quanto sono fico, ma metto a disposizione della società il mio ingegno.
E' questa cosa, questa indole, questo modus vivendi che mi etichetta come un debole ma questo non significa che lo sia.

Ad ogni modo, guardando i miei amici, di tutte le razze, religioni e credo politici, muoversi in questo habitat nel migliore dei modi possibili, mi chiedo come mai da quella parte politica esista tanto coinvolgimento. E se lo chiede pure Claudio Lazzaro, in un'intervista su Epolis del 28 maggio 2008.
Non ho ancora visto il suo film-documentario, però da quello che ho capito della trama e del soggetto, racconta il vissuto dei gruppi di destra cosiddetti estremi. Ma non ne sto parlando per dare un giudizio sul valore dell'opera, è solo che mi è vienuto da fare il parallelo con quelli che filmavano quel tipo di raduni, pensando di realizzare semplici documentazioni storiche, poco più di ottant'anni fa.

Le ceneri del passato si disperdono al vento, portando ai più l'odore dei ricordi.
Agli altri resta la sensazione di un puzzo indistinto che bisogna sbrigarsi a togliere di torno.

lunedì 26 maggio 2008

LA BUONA INTELLIGENZA è NEGLI SPAZI PICCOLI

Nei quotidiani, tra le colonne a titoli altisonanti, navigano piccoli spazi editoriali. Raccoglitori di pensieri e parole che come la botte piccola, ci fanno gustare, a volte inaspettatamente, delle cose buone.
Oggi ho trovato questo piccolo gioello di armonia linguistica e di sintesi del pensiero nazionale.
Ormai lo sapete leggo Epolis e gli spazi che sbircio subito sono quelli di Chicco a pag 7 e quelli di pagina 6.
Lì vengono ospitati diversi autori, tra cui Onofri, che è una persona acuta che incominicio a stimare tantissimo.
Sono d'accordo con lui, sono in accordo sopratutto sul sottinteso, "ci dicono".
Riporto per intero l'articolo, per farvi gustare l'epilogo, la frase finale, l'exploit del fantasista, che con un banale colpo di testa, quello che sembra un banale colpo di testa, mette a segno il goal.

Allegro con brio
di Anton Giulio Onofri
EPOLIS - 26 Maggio 2008
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Celibidache, un rumeno

Quando da ragazzino ho iniziato ad ascoltare Grande Musica ho imparato subito a familiarizzare con nomi difficili da leggere e da pronunciare di direttori e solisti di cui a tredici anni non ero in grado di decifrare la provenienza. Forse per questo ho sempre considerato lo “straniero”, qualunque straniero, qualcuno dal quale imparare qualcosa di meraviglioso e diverso da quanto avevo sotto gli occhi nella mia città, nel mio paese.
I primi rumeni che ho “conosciuto” sono stati Sergiu Celibidache, Clara Haskil, lo sfortunato Dinu Lipatti, Radu Lupu. Solleticata dalle esotiche armonie delle rapsodie rumene di Enescu, la mente fantasticava di paesaggi inconosciuti e genuino, contagioso folklore.
Poi è caduto il Muro di Berlino, e ho appreso che quei grandi nomi erano le punte di diamante di un popolo con difficoltà enormi, uscito fisicamente e moralmente devastato da una delle più crudeli dittature della storia dell'umanità.
Nella mia città, nel mio paese, di connazionali di Celibidache ne sono arrivati a migliaia, in cerca di dignità e futuro. Non tutti, per cause che chiunque conosce, hanno il permesso di soggiorno. Del resto non sono venuti qui in vacanza. Alcuni di loro, pochi in percentuale, commettono dei reati, anche gravi, che tuttavia non li rendono peggiori di un italiano che ne compia di altrettanto efferati.
C'è una “emergenza rumeni”, ci dicono.
Mentre mafia e camorra agiscono indisturbate su tutto il territorio nazionale.
Devo continuare?

Regista

agonofri@libero.it

venerdì 23 maggio 2008

GENERéSCIONS

Mi scrive una mia amica di Trieste:

Ieri si è tenuta una riunione presso la sede del PD dove è stato illustrato il progetto per la "riqualificazione" di piazza Libertà. L'attuale amministrazione intende abattere circa 20 alberi secolari per far posto ad una strada a 7 corsie.
Lunedì 26 alle ore 18:30 il consiglio comunale intende approvare il progetto. Alcune persone indignate e di buona volontà hanno deciso di attendere gli assessori all'entrata dele consiglio per esprimere la propria contrarietà al progetto. Ci troverremo alle 18 in piazza Unità all'entrata del Comune...

...che rabbia!!!
Io affermo che il detto "me sa che a te ancora nun t'ha mai menato nisuno pe' davvero" si confà all'uopo per quest'occasione.
Andrebbe sussurrato da 500 persone mentre passa quella tal persona.
Sussurrato.
Pensa all'effetto....
Chiaramente la frase andrebbe tradotta nella lingua locale, quella secolare come l'albero.
Quella le cui radici affondano nell'humus della vita stessa. Vita che troppo spesso ormai i più disprezzano come l'acqua.
Spero per fratello albero che la scampi e che Dio, qualunque Dio, si indigni solo perché lo hanno pensato, quesi tizi comunali, e che lo faccia a tal punto da fulminarli e renderli concime per gli stessi arbusti. I quali (io non li conosco personalmente) reggono e sostengono il mondo, per quel che possono.
Ecco, rifletteci: loro dovrebbero soccombere, scomparire, svanire per permettere di poter dare spazio a bitume e monossido in maggior quantità. E' da considerarsi un cambiamento necessario?

Riflettiamoci.

Io non ne sento il bisogno. I bambini? I bambini neanche. E le persone anziane?
Oooops, mi sa che sono loro i colpevoli!
Non sono forse loro che hanno bisogno di andare in auto ovunque, per qualunque motivo, dall'andar di vescica al dover passare dal fruttivendolo sotto casa e di poter parcheggiare vicino a dove vanno?
E non sono sempre loro che girano e rigirano per ostentare i loro SUV, i loro Mercedes, i loro OpenSpaceMonoVolumeMultiConsumo?
Maledetti vecchi, che percepiscono troppa pensione e hanno troppo tempo libero.
Però è vero che possono votare, è un loro diritto di cittadini liberi, consapevoli e nelle piene facoltà mentali e quindi , per questi e altri motivi, ancora di poter far sentire il peso della loro influenza sulle svolte politiche.
Che poi 'sta febbre che hanno, si attacca per contagio diretto solo ai politici o a chi ne fa le veci.
Ma la colpa è nostra, di noi giovani. Che stiamo sempre in contestazione, che stiamo sempre all'opposizione. Che quando siamo l'altra parte, siamo attaccati troppo ai vecchi modelli. Che comunque, se fosse per noi giovani, aivoja a fondare Partiti Distratti o Alleanze Libertine.
Ognuno fa la guerra e intanto i vecchi decidono per noi e consumano questo pianeta.
Io nel frattempo sono cresciuto, sto a metà strada. E guardo agli adolescenti.
E ripenso a noi giovani, quei giovani che dai vecchi impararono.
Quand'eravamo piccoli, a quelli della mia generazione, la mitica 67 generation (generèscion), gli adulti dicevano "impara da nonno, dalla sua saggezza" e siamo cresciuti a suon di slogan "adotta un nonno".
Ecco, l'abbiamo fatto e abbiamo chiesto ai nostri figli di ripetere l'esperienza.
E ora imitano i modelli dei nonni odierni.
Ma non quello morale, piuttosto imitano l'ultimo modello di cellulare.

Perchè questi e quelli si sono stancati di lottare.
Così vedo che gli anziani, quelli che stanno nei parchi sulla panchina con il giornale aperto davanti gli occhi e la cuffia bluùtuuut nell'orecchio, rispondono alle domande dei più giovani.
Gentilmente abbassano il giornale e ascoltano quello che avete da chiedere. E la domanda è quasi sempre la stessa: com'era il mondo prima?
Com'era ai loro tempi?
Vi diranno che era sicuramente più difficile, ma più vero. Vi diranno che era più povero, ma più concreto. Che non si perdeva tempo dietro le fantasie, perché bisognava ricostruire. Ma non dopo la guerra del Duce, sempre. Qualunque epoca abbaino vissuto, vi diranno che c'era da ricostruire, magari l'identità nazionale, quella politica, quella economica, quella sociale, la famiglia, il posto di lavoro, le sicurezze legate al possesso di una casa, di un'assicurazione, di un posto letto all'ospedale. Qualunque scusa è buona per dire che prima, quei tempi in cui loro lottavano per sopravvivere, loro hanno fatto il possibile.
E che ora tocca a voi.
Voi che a vent'anni state cercando una risposta e una direzione.

Bene, a quel punto chiedete loro questo: perchè?
Perchè
tocca a noi riacchiappare i fili di un sistema di vita che è andato a puttane?
Perchè tocca a noi rinsaldare i valori di quelle utopie con cui ci hanno incastrato la mitica generèscion?
Alla quale hanno ficcato la morale dentro il petto facendole credere che il ritmo che sentivano era quello del cuore?

La mia risposta è, perchè è sempre stato così. Basta guardare alla storia dei secoli.
Qualunque cosa farà chiunque in quella bella piazza italiana, dovrà sapere che la storia lo sta apsettando al banco del giudizio eterno. Lo deve sapere.
Ci saranno ben più di cinquecento persone a ricordarglielo.

mercoledì 21 maggio 2008

A CHE SERVONO LE REGOLE

Ieri pomeriggio ho passato un paio d'ore al telefono con amici vari.
Pur provando a parlare del più e del meno, ogni volta si è arrivati ad esternare le nostre insoddisfazioni.
Sul lato personale e su quello sociale la base è sempre la stessa: a che cazzo servono le regole se poi tanto le infrangono tutti ad ogni occasione?
La cosiddetta identità politica, la sacralità della famiglia, il valore della posizione nel lavoro, l'integrità morale, ogni volta queste cose vengono piegate, distorte, rimodellate. E nessuno ne è immune.
Così alla fine mi sono ritrovato, io, a dire che la cosa migliore è rimanere un po' distaccati, cercando di migliorare quello che è possibile intorno a noi.
Magari anche cambiando lavoro, o città, o giro di persone, interessi.
Certo è brutto pensarlo, dirlo, poi! molto di più, perchè è vero che non si può scappare ogni volta. Ma cosa dobbiamo affrontare? Ancora le nostre paure? i nostri demoni, insicurezze, perplessità? Non credo. Non per noi.
Ma forse questo è il risultato inaspettato del modello che ci hanno imposto, dove è meglio che non ti affezioni a nulla, dal momento che chiunque te lo potrebbe togliere da un momento all'altro.
O cambiargli colore.